Porto Empedocle. Bimba morta a 11 mesi: pediatra a giudizi

Il Giudice per le udienze preliminari Stefano Zammuto ha rinviato a giudizio per l'ipotesi di reato di omicidio colposo un pediatra agrigentino. I fatti risalgono al novembre

2008 e avvennero a porto empedocle dove una giovane coppia del luogo perse una bambina di appena 11 mesi. La piccina prese ad avvertire quelli che sembravano sintomi influenzali, come febbre, tosse e muco. Papà e mamma la portarono dal loro pediatra di fiducia, il quale prescrisse la terapia farmacologica comune a tutti i casi influenzali.

Dopo un paio di giorni la piccina non ebbe alcun beneficio, tanto da essere riportata dal pediatra. Questi adeguò la terapia e prescrisse ai genitori di far effettuare alla bambina alcuni esami del sangue e delle urine. Il 6 novembre 2008 i laboratori d'analisi erano chiusi per sciopero (quando si dice il destino crudele, ndr) quindi niente analisi.

Il 10 però la piccina pare fosse migliorata. L'undici novembre la situazione precipitò. La piccina prese a sentirsi male, venne portata in ambulatorio dove il pediatra (in malattia) era sostituito da un collega il quale notò uno scompenso cardiaco, consigliando ai genitori di portarla subito in ospedale. Anche il pediatra della piccina confermò tale diagnosi.

La bambina rimase in ospedale dalle 18,45 fino a notte fonda, quando dopo una serie di analisi e accertamenti spirò. Alcuni conoscenti del padre e della madre della piccina si recarono in seguito nell'ambulatorio del pediatra e lo aggredirono, facendo accorrere i poliziotti. Ieri, nella loro arringa gli avvocati dell'imputato Monica Malogioglio e Nino Casalicchio hanno evidenziato come il «decesso della piccina sia avvenuto non per negligenza del medico, ma per l'aggravarsi di una malattia rara». Da ricordare come in precedenza siano state archiviate le posizioni di 10 medici dell'ospedale.

Parti civili nel processo sono i genitori e (caso raro e valutato attentamente dal giudice Zammuto) anche la piccina, tutti difesi dall'avvocato Vincenza Gaziano.

 

Processo alla mafia agrigentina degli anni '80. Le richieste della DDA

Otto condanne tra cui 4 ergastoli sono stati richiesti dal Pubblico Ministero della Dda di Palermo, Emanuele Ravaglioli, al termine della requisitoria del processo celebrato con il rito abbreviato presso l’aula bunker del carcere dell’Ucciardone di Palermo. Le condanne riguardano una serie di omicidi che hanno insanguinato la provincia di Agrigento a cavallo tra gli anni ’80 e ’90. Gli ergastoli sono stati richiesti per: Salvatore Fragapane di 54 anni e Giuseppe Fanara di 54 anni entrambi di Santa Elisabetta; Calogero Castronovo di 61 anni di Agrigento e Joseph Focoso di 43 anni di Realmonte. Ed ancora sono stati richiesti 30 anni di reclusione per Giovanni Pollari di Cianciana, Mario Capizzi di Ribera e Giuseppe Renna di Siculiana. 8 anni di reclusione sono stati richiesti, infine, per Luigi Putrone di Porto Empedocle, collaboratore di Giustizia. Per un altro collaboratore e precisamente Giulio Albanese, accusato di tentato omicidio, il PM ha richiesto il proscioglimento per l’estinzione del reato. Come detto i fatti contestati riguardano 11 omicidi avvenuti in provincia. I delitti ebbero inizio nel gennaio del 1981 quando a cadere sotto i colpi mafiosi sono stati Giovani Panarisi e Giuseppe Randisi. La scia di sangue ebbe termine con l’uccisione di Salvatore Greco avvenuta il 3 ottobre del 1995 presso l’Italcementi di Porto Empedocle. Per quest’ultimo omicidio le indagini presero un corso molto diverso in quanto si riteneva che il Greco fosse caduto per opera di ambiti delinquenziali vicini alla comunità degli zingari che in quel periodo erano accampati in contrada Gasena. Solo in seguito anche grazie alla collaborazione di Luigi Putrone che le indagini ebbero la svolta decisiva. Putrone ha sostenuto, infatti, che Salavatore Greco fu ucciso su ordine mafioso in quanto aveva rubato materiale edile da cantieri che pagavano regolarmente il pizzo. Per l’omicidio del Greco la famiglia al processo, si è costituita parte civile dando mandato agli avvocati Monica Malogioglio e Daniele Re per il risarcimento danni.

 

Lascia il Petrusa il primo detenuto che ha goduto della legge svuota carceri

Ha lasciato il Petrusa di Agrigento ieri pomeriggio. E’ il primo di una lunga lista. Si chiama Filippo Salamone, 39 anni, nei confronti del quale è scattato il provvedimento legato alla legge cosiddetta svuota carceri, approvata in via definitiva dal Senato il 17 novembre scorso. Una legge molto attesa, a causa della grave situazione di sovraffollamento degli istituti penitenziari. E così ieri il magistrato di sorveglianza del Tribunale di Agrigento, accogliendo l’istanza presentata dal legale, l’avvocato Monica Malogioglio, ha disposto la scarcerazione di Filippo Salamone, arrestato il 13 dicembre scorso per avere danneggiato un ciclomotore sottoposta al fermo amministrativo. Per questo episodio il Tribunale l’aveva condannato a 4 mesi di reclusione oltre ad una serie di reati amministrativi disposti dalla Prefettura. Salamone è tornato praticamente libero, sarà sottoposto solo ad alcuni controlli da parte dei servizi sociali.

 

Licata, processo antiusura “Sciacallo”: 10 condanne

Si è concluso con 10 condanne e un’assoluzione il processo di primo grado – celebrato dinanzi ai giudici della sezione prenale del Tribunale di Agrigento (presidente Messina) – scaturito dall’operazione antiusura denominata ” Sciacallo” condotta da carabinieri e polizia il 20 novembre 2007 a Licata. Ad essere assolto è stato Angelo Greco (classe 1950). Condannati Salvatore Alabiso (8 anni e sei mesi), Bernardo Dainotto (6 anni e 8 mesi), Antonino Greco (11 anni), Giuseppe Marotta (8 anni), Domenico Greco (2 anni e 6 mesi), Angelo Greco classe 1987 (2 anni e 6 mesi), Franco Di Falco (2 anni), Salvatore Antona (2 anni e 2 mesi), Giacinto Cappello (1 anni e 8 mesi), Salvatore Termini (2 anni e 6 mesi) . Gli undici imputati sono stati difesi dagli avvocati: Calogero Meli, Giacomo La Russa, Monica Malogioglio, Giuseppe Glicerio e Giuseppe Sottosanti. L’operazione “Sciacallo sfociò nell’arresto di 22 persone accusate a vario titolo di associazione per delinquere finalizzata all’usura, estorsione, minaccia a pubblico ufficiale, danneggiamenti ed altro.

 

 

Inchiesta "Sorgente"

Scarcerata "Lola"

Accogliendo le istanze del difensore, l’avvocato Monica Malogioglio, il Tribunale di Agrigento ha scarcerato ed ha concesso gli arresti domiciliari ad Eleonora Salamone, 22 anni, di Agrigento, intesa Lola, arrestata lo scorso 7 ottobre dalla Polizia nell’ambito dell’inchiesta antidroga cosiddetta ‘’ Sorgente ‘’.

Presa con la droga, empedoclina torna libera

Torna in libertà la ventunenne empedoclina Gessica Salamone, arrestata il quattro dicembre insieme al trentanovenne agrigentino Antonio Prinzivalli con l’accusa di detenzione ai fini di spaccio di stupefacenti. Il gip Luisa Turco, accogliendo la richiesta dell’avvocato Monica Malogioglio, le ha revocato gli arresti domiciliari. All’indagata è stato imposto il semplice obbligo di firma. Gessica Salamone era stata bloccata dai carabinieri, durante un controllo sulla statale 189, mentre si trovava a bordo di un’auto guidata da Prinzivalli. I militari hanno trovato un panetto di hashish, altra droga è stata rinvenuta dopo un controllo nelle abitazioni.

 

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